Lo Studio Legale Atzori-Collu-Marci-Sari, con sede nel centro storico di San Sperate – via Nuova n. 11, offre attività di consulenza legale, assistenza e rappresentanza giudiziale e stragiudiziale in materia di diritto civile, diritto penale, diritto amministrativo, diritto tributario, nonché attività di recupero crediti.
All'interno dello Studio Legale, attivo dal 1 settembre 2016, operano quattro giovani professionisti: avv. Stefania Atzori, avv. Paola Collu, avv. Matteo Marci e avv. Enrico Sari.
Il Comune di San Sperate rappresenta una realtà in costante espansione, sia per le molteplici manifestazioni artistico-culturali che lo rendono uno dei centri più attivi e noti nello scenario regionale, sia per le numerose imprese, aziende e attività commerciali, produttive e artigianali presenti nel suo territorio.
Le suddette peculiarità sono state determinanti nella scelta di dare avvio e radicare il presente progetto nel Comune di San Sperate, fornendo così un nuovo servizio alla sua cittadinanza.
***caso Marco Cappato - DJ Fabo***
Studio Legale Atzori-Collu-Marci-Sari ...STIAMO LAVORANDO PER VOI...
Si riceve per appuntamento: Martedì 16.00 - 19.30... Giovedì 16.00 - 19.30 Venerdì 16.00 - 19.00
See moreConvegno internazionale annuale della Cattedra di diritto processuale penale del dipartimento di giurisprudenza e del Comitato Sardo degli Studiosi del processo penale.
Al servizio del contribuente...
Un bellissimo ricordo di Tziu Giuliu.
Apprendiamo, con profondo dispiacere, la triste notizia della scomparsa di Tziu Giuliu. La comunità di San Sperate perde uno tra i suoi cittadini più amati e rappresentativi. Ci stringiamo al dolore della famiglia e di tutta la cittadinanza. Vogliamo ricordarlo sulla sua inseparabile bicicletta.
Oggi, su Il Sole 24 ore, un bell'articolo sulla nostra San Sperate.
Lo Studio Legale Atzori - Collu - Marci - Sari comunica che dal 18.04.2019 al 29.04.2019 rimarrà chiuso. Per qualsiasi urgenza si prega di contattare il nostro recapito telefonico o il servizio messenger. Vi auguriamo Buone Vacanze!!!
...approfondimento professionale per tutelare al meglio il cittadino
“OMICIDIO STRADALE, SI’ ALLE PENE PIU’ SEVERE MA LA REVOCA DELLA PATENTE SCATTA SOLO IN CASO DI EBBREZZA O DROGA”
Con comunicato stampa del 20 febbraio, la Corte Costituzionale anticipa le proprie decisioni sulle questioni di legittimità costituzionali sollevate dai Tribunali di Roma, Torino e Forlì, relativamente agli articoli 590-quater c.p. (divieto di prevalenza e di equivalenza dell’attenuante speciale prevista dall’articolo 589-bis, settimo comma, del codice penale) ...e dell’art.222, commi 2 e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (automatica revoca della patente di guida con impossibilità di conseguirne una nuova prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca), come modificati alla l. n.41 del 2016.
Si legge nel comunicato che la legge n. 41 del 2016 “ ha superato il vaglio di costituzionalità con riferimento al divieto, per il giudice, di considerare prevalente o equivalente la circostanza attenuante speciale della “responsabilità non esclusiva” dell’imputato (che comporta la diminuzione della pena fino alla metà) rispetto alle concorrenti aggravanti speciali previste per questi reati, tra cui la guida in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.” Diversamente, viene rilevata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 222 del Codice della strada nella parte in cui prevede l’automatica revoca della patente di guida in tutti i casi di condanna per omicidio e lesioni stradali. In particolare viene osservato come tale automatismo può trovare applicazione nei soli casi di condanna per reati stradali aggravati dallo stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per l’assunzione di droghe. Al di fuori delle predette fattispecie deve, pertanto, essere riconosciuto in capo al giudice il potere di decidere se applicare la sanzione accessoria della revoca della patente o la sua sospensione attraverso una valutazione del singolo caso.
See moreABUSO EDILIZIO: l’ordine di demolizione non si prescrive _ (Corte di Cassazione – III sez. Penale – ordinanza n. 55372 del 21.11.2018 _ dep. 11.12.2018)
L’articolo 44 del D.P.R. 380/01 configura l’abuso edilizio come un reato perseguibile penalmente dallo Stato. Si ha un abuso edilizio ogni volta che un’opera viene realizzata senza le opportune autorizzazioni amministrative previste. Per il colpevole del reato contravvenzionale è previsto l’arresto e una multa (importo massim...
Continue readingNON RESTITUZIONE DEI BENI ALL’EX CONIUGE: è appropriazione indebita_ (Corte di Cassazione – II sez. penale – sentenza n. 52598 del 28.09.2018 _ dep. 22.11.2018)
Quando a seguito di separazione il coniuge si rifiuta di restituire all'altro coniuge i beni di sua proprietà ci troviamo di fronte al reato di appropriazione indebita.
Il reato previsto dall’art. 646 c.p. prevede che “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobi...le altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa , con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a milletrentadue euro...”
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 52598 del 28.09.2018, ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce, affermando che la condotta di reato di cui all’art. 646 c.p. si concretizza a seguito dell' “interversione del possesso, da cui decorre il termine della querela, che si determinata, non dalla data di separazione, ma da quella in cui è stato negato il diritto al legittimo proprietario. In sostanza, ciò è avvenuto solo nel momento in cui la persona offesa ha comunicato che avrebbe ritirato i beni custoditi in un locale nella disponibilità della ex moglie. E la stessa imputata ha confermato di aver "svuotato" il predetto locale proprio per impedire al coniuge separato di tornare in possesso dei propri beni.
Il caso Il Tribunale di Brindisi condannava la ricorrente ritenendo che si fosse appropriata dei beni dell’ex marito avendone la disponibilità. La Corte d’Appello di Lecce, in parziale riforma, confermava la decisione della sentenza impugnata. Sulla base dei principi enunciati, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover dichiarare inammissibile il ricorso in quanto la condotta provata ha integrato il reato contestato, e non essendo ammissibile richiedere in tale sede una rivalutazione dei fatti di causa, come aveva tentato di fare la ricorrente.
See moreUdienza al Tribunale Amministrativo della Regione Sardegna
Cartello stradale di STOP: ci si deve fermare sempre, anche a strada libera _ (Corte di Cassazione – III sez. Civile – ordinanza n. 30993 del 25.09.2018 _ dep. 30.11.2018)
Il Codice della Strada individua con il cartello stradale dello STOP la prescrizione del “FERMARSI e dare precedenza a destra e a sinistra”. Tale imposizione viene confermata dalla giurisprudenza della Suprema Corte che afferma che in “caso di segnale di STOP, gli automobilisti devono fermarsi sempre, anch...e a strada libera”
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30993 del 25.09.2018, ha rigettato il ricorso di un automobilista la cui autovettura era stata coinvolta in un sinistro, ribadendo che “chi non rispetta il segnale deve ritenersi esclusivamente responsabile del sinistro, essendo superata la presunzione di concorso di colpa ex art. 2054 c.c. la quale ha funzione meramente sussidiaria e opera solo qualora non sia possibile in concreto accertare le rispettive responsabilità.” Inoltre, “il segnale di "stop" pone a carico dei conducenti di autoveicoli l'obbligo di arrestare sempre e comunque la marcia del proprio mezzo, persino quando la strada nella quale intendano confluire sia sgombra da veicoli. “ La presunzione ex art. 2054 c.c. ha funzione meramente sussidiaria, operante solo se non sia possibile in concreto accertare le rispettive responsabilità, essendo la stessa logicamente e giuridicamente incompatibile con una qualsiasi concreta ricostruzione delle modalità del sinistro da parte del giudice e con l'attribuzione, a ciascuno dei conducenti, di uno specifico contributo causale.
Il caso Con un primo atto di citazione il ricorrente conveniva il Comune nanti il Tribunale di Nola adducendo una violazione delle norme per il posizionamento del cartello, e con separato atto conveniva il conducente e l’assicurazione dell’auto con la quale si era scontrata adducendo una eccessiva velocità. Riunite le domande, Tribunale di Nola ritenne che il sinistro fosse stato causato dalla condotta di guida imprudente dell’attore. La Corte d’Appello di Napoli rigettava l’impugnazione, confermando che il sinistro si era verificato a causa della condotta imprudente del ricorrente, in quanto giunto all’incrocio con una velocità eccessiva, non avvedendosi dello STOP, frenava bruscamente, e complice l’asfalto bagnato, andava a scontrarsi violentemente con l’auto che oltrepassava l’intersezione. La Corte di Cassazione conferma che, nel caso di specie, la Corte territoriale ha ritenuto non provata alcuna responsabilità del sinistro a carico dell'altro conducente, risultando accertato, al contrario, che l'attore stesse viaggiando "a velocità molto elevata e non adeguata alla situazione del luogo (asfalto bagnato, strada stretta posta nel centro cittadino, incrocio)" e che lo stesso "non riuscì a frenare in tempo al segnale di stop" e "tagliò improvvisamente la strada" all'altro auto "rendendo inevitabile l'urto violentissimo".
See moreDIRITTO DI VISITA DEI FIGLI : commette reato la madre che lo ostacola _ (Corte di Cassazione – VI sez. Penale – sentenza n. 38608 del 04.04.2018 _ dep. 14.08.2018)
La giurisprudenza riconosce il diritto all’affettività dei figli disciplinando in modo preciso e puntuale, in sede di separazione e di divorzio, il diritto di visita del genitore non collocatario. La Corte di Cassazione ha confermato che il genitore che pone in essere comportamenti invasivi del diritto di visita po...ne in essere reato.
Il reato previsto dall’art. 388 c.p. prevede che “Chiunque, per sottrarsi all'inadempimento degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi l'Autorità giudiziaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire la sentenza, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.”
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 38608 del 04.04.2018, ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro, affermando che la condotta di reato di cui all’art. 388 c.p. si concretizza "in qualunque comportamento, anche omissivo, da cui derivi la frustrazione delle legittime pretese altrui” e nel caso specifico “dalla reiterazione e protrazione nel tempo delle oppositive condotte tenute dall'imputata, anche rispetto alle indicazioni rivenienti dai mediatori preposti ad assicurare il diritto di incontro del genitore con il figlio minore” poste in essere con intento ostruzionistico del diritto di visita riconosciuto all’altro genitore e disciplinato nella sentenza civile.
Il caso Il Tribunale di Cosenza condannava la ricorrente alla pena di euro 450,00 di multa per avere disatteso la decisione del giudice civile in materia di diritto di visita dell’altro genitore. La Corte d’Appello di Catanzaro confermava la decisione della sentenza impugnata, dalla quale si evince che la madre, affidataria del figlio minore, aveva posto in essere una persistente elusione del provvedimento giudiziario che disciplinava il diritto di visita. Durante il dibattimento, infatti, è emerso che la ricorrente è stata ripetutamente e ingiustificatamente assente agli incontri, oltre ad aver posto in essere ulteriori comportamenti quali voler essere presente agli incontri o arbitrarie interruzioni, che hanno costituito oggetto di attenta disamina dei giudici di merito e pacificamente individuate come condotte elusive che integrano la violazione del provvedimento giurisdizionale. Sulla base dei principi enunciati, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover dichiarare inammissibile il ricorso in quanto la condotta provata ha integrato il reato contestato.
See moreTELEFONIA: A.G.COM e le LINEE GUIDA per il RECESSO dell’OPERATORE
L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha approvato la delibera 487/18/CONS che riporta le "Linee guida sulle modalità di dismissione e trasferimento dell'utenza nei contratti per adesione" , prevedendo la tutela dell’utente nel momento in cui decide di recedere da un contratto o cambiare operatore.
Le Linee Guida si applicano ai rapporti tra operatori e coloro, persone fisiche o giuridiche, che sottosc...
Continue readingMANTENIMENTO DEL FIGLIO: non cessa con la maggiore età ma con la raggiunta indipendenza economica _ (Corte di Cassazione – I sez. Civile – ordinanza n. 32529 del 15.11.2018 _ dep. 14.12.2018)
Con le statuizioni della separazione dei coniugi o del divorzio si regolamentano anche le disposizioni sul mantenimento dei figli. Infatti, il genitore è titolare di un diritto iure proprio quale l'obbligo di mantenere la prole, che non cessa con la maggiore età, ma con la raggiunta auto...sufficienza economica del giovane, e non cessa neppure quando il figlio rinuncia al beneficio.
La rinuncia del figlio al mantenimento è ininfluente, in quanto si tratta di diritto indisponibile che può essere disconosciuto solo in sede di procedura ex art. 710 c.p.c., qualora emergessero dal giudizio circostanze di fatto significative (sopravvenute alla decisione di attribuzione) di una raggiunta autosufficienza del figlio.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32529 del 15.11.2018, ha rigettato il ricorso avverso il decreto della Corte d’Appello di Potenza affermando che “l'obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae, qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori”.
Il caso
Il Tribunale di Lagonegro respingeva, in sede di giudizio per la modifica delle condizioni di divorzio, la richiesta di revoca dell’assegno di mantenimento per la figlia maggiorenne e la revoca dell’assegnazione della casa coniugale alla moglie-genitore affidatario. La Corte d’Appello di Potenza, in sede di reclamo, confermava la decisione del tribunale non essendo emersi elementi sopravvenuti al divorzio che dimostrassero l’autosufficienza del figlio seppur maggiorenne. Sulla base dei principi enunciati, e confermando il filone giurisprudenziale, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover rigettare il ricorso in quanto il figlio seppur maggiorenne, non può rinunciare al mantenimento perché diritto indisponibile, e non può essere revocato il beneficio se non con la prova dell’autosufficienza economica.
See moreNews di NATALE _ dire “Babbo Natale non esiste" può essere reato.
Il caso Un operatore di un call center durante la telefonata ha detto ad un bimbo di 4 anni che aveva risposto al telefono: "Marmocchio, passami la mamma o vengo a prenderti. E, comunque, Babbo Natale non esiste".
...La frase è stata registrata dalla segreteria telefonica permettendo così, agli uomini della Questura di rintracciare il centralinista e recapitargli una denuncia per molestie telefoniche. Una coppia di genitori lombardi ha sporto querela lamentando di aver ricevuto, qualche giorno prima, una chiamata sulla linea telefonica di casa, alla quale aveva risposto il più piccolo dei due figli; mentre il bimbo si informava su chi fosse dall'altro capo dell'apparecchio telefonico, l'operatore di call center, probabilmente intenzionato a promuovere un'offerta commerciale lo invitava a passargli i genitori. Al silenzio del piccolo, l'operatore perdeva la pazienza e rivolgendosi allo stesso in modo aggressivo, lo apostrofava così: "Se non mi passi la mamma, vengo a prenderti. So che sei lì, passami qualcuno o arrivo, sbrigati marmocchio. Babbo Natale non esiste, e la Befana è la tua mamma". A seguito degli accertamenti, si individuava il call center e l’operatore, denunciato a piede libero per molestie a mezzo telefono.
Pertanto, disattendere le credenze dei bambini non è solo eticamente scorretto ma anche giuridicamente rilevante.
Lasciate vivere serenamente a tutti la magia del Natale, soprattutto a più piccoli.
BUON NATALE… 🎄🎅🏻🎄🎅🏻🎄
See MoreLo Studio Legale comunica la sospensione dell'attività dal 21.12.2018 al 07.01.2019.
Per le eventuali urgenze contattare il 391.3344518
L'EX COMPAGNO HA DIRITTO ALLA RESTITUZIONE DI QUANTO VERSATO PER LA "CASA COMUNE" _ ( Corte di Cassazione 21479 del 06.02.2018 - dep. 31.08.2018)
La Cassazione conferma l'ingiustificato arricchimento dell'ex compagna, proprietaria dell'immobile, quando l'ex compagno ha aiutato la donna a ristrutturare e arredare la casa, quando gli esborsi non sono proporzionati al tenore di vita ed esulano dall'obbligazione naturale legata alla convivenza quotidiana.
I fatti.... L'ex compagno si rivolgeva al Tribunale di primo grado per vedersi restituire, al termine della propria storia sentimentale, la somma di euro 51.645,69 utilizzati per la ristrutturazione e l'arredo di un appartamento di proprietà della ex compagna e adibito a casa "coniugale", per arricchimento senza causa. In primo grado, la richiesta viene rigettata mentre viene accolta dalla Corte d'Appello di Genova. La Corte afferma che il ricorrente ha provato che il contributo economico per l'acquisto, la ristrutturazione e l'arredo avevano attribuito un ingiustificato arricchimento alla proprietaria. Tali esborsi non costituivano adempimento di obbligazione naturale dei normali conferimenti necessari allacondivisione della vita quotidiana, perché l'esborso era sproporzionato al tenore di vita della coppia e alla durata della relazione sentimentale. Di conseguenza, la Corte sosteneva che il mancato rimborso della somma versata dall'ex compagno a seguito della fine della relazione configurasse un impoverimento del suo patrimonio e un sostanziale arricchimento della ex compagna, che continuava a utilizzare e a disporre dell'immobile. L'ex compagna ricorreva alla Suprema Corte, che respingeva tutti i motivi di impugnazione, confermando la decisione e il rimborso. La Corte di Cassazione ha ritenuto che i principi adottati dalla Corte di secondo grado sono conformi a quanto previsto dalla legge in materia di ingiusto arricchimento.
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